Proporre didattica a distanza comporterà (ma in futuro) per gli insegnanti la necessità di acquisire le competenze pedagogiche e tecnologiche necessarie allo scopo


Proponiamo una parte significativa di un articolo di redazione pubblicato su “OrizzonteScuola.it” del 27 marzo 2020 e che riguarda la didattica a distanza, un sistema che vede del tutto impreparati docenti e studenti, oltre alle famiglie.

Nei giorni scorsi a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19
sono state diffuse dal MIUR le misure per la scuola riprese poi nel
Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 febbraio
2020.

Il Ministero precisava che: […] I dirigenti scolastici delle  scuole in cui l’attività didattica è stata sospesa per l’emergenza  sanitaria possono attivare, di concerto con gli organi collegiali  competenti e per la durata della sospensione, modalità di didattica a  distanza, ponendo particolare attenzione alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità.

Questa situazione emergenziale ha cambiato l’agenda setting delle
priorità della scuola. 
La capacità di proporre didattica a distanza e
diventata una priorità per il ministero, le scuole e i singoli
docenti. Ma, come afferma Licia Landi, “Le soluzioni estemporanee, non
coordinate e a macchia di leopardo, servono davvero a poco. La
didattica a distanza è una faccenda seria, che va affrontata con una
base pedagogica molto solida e con lungimiranza, non certo ricorrendo
a 4 apps o con l’ultima piattaforma messa in commercio. Senza dubbio,
durante un’emergenza, si fa quello che si può, ma, se vogliamo
affrontare davvero la questione, siamo consapevoli che c’è molta
strada da compiere e le problematiche non riguardano solo la
tecnologia.

Proporre didattica a distanza comporterà per gli insegnanti la
necessità di acquisire le competenze pedagogiche e tecnologiche
necessarie allo scopo. (Ma anche gli alunni dovranno avere le stesse competenze tecnologiche e gli strumenti adeguati a casa. E come si fa con i bambini della scuola d’infanzia, delle elementari e medie? N.D.R.).

– Non dobbiamo dare per scontato che gli studenti (soggetti passivi…e attivi, se partecipano) siano tutti portati a queste nuove metodolgie che necessitano di ionea e adeguata preparazione tecnica e tecnologica che la scuola non dà. N.D.R. –

Sarà quindi necessario sviluppare un piano di  formazione mirato la cui efficacia, probabilmente, sarà favorita dalla  diversa motivazione e dalla mutata attitudine al cambiamento degli  insegnanti.

Negli anni ho condotto alcune sperimentazioni di didattica a distanza,
nel senso indicato nella premessa all’articolo, con studenti di prima
e seconda liceo: attività didattica con flipped lesson, utilizzo di un
servizio Internet di Q&A, test ed esercitazioni condotte con Google
forms, coordinamento attività via mail, ecc.

In breve quello che ho imparato sperimentando è che l’utilizzo di una
piattaforma di Q&A risulta ostica a ragazzi del primo biennio della
secondaria di secondo grado. Tranne quando l’ho proposta per una
competizione tra gruppi in laboratorio l’esito è stato il rifiuto di
utilizzarla per scambiare coi compagni e con il docente richieste e
suggerimenti.

L’utilizzo della flipped lesson è stata invece
considerata utile.

In particolare è stata apprezzata dagli studenti
con disturbi specifici dell’apprendimento che la consideravano
estremamente positiva nei casi in cui dovevano assentarsi per malattia
o altro. La disponibilità della lezione digitale multimediale li
rasserenava molto permettendogli di evitare una difficile rincorsa
degli appunti dai compagni di classe dalla lezione svolta dal docente
durante la loro assenza.

Forse può sembrare strano, ma anche la “semplice” corrispondenza via
mail docente-studente non era per nulla scontata ed è perciò risultata
un utile ambito di apprendimento.

Credo che quando la didattica a  distanza diventerà usuale la professionalità degli insegnanti ne potrà  risultare arricchita in quanto le attività da svolgere richiederanno  maggiore creatività e le correlate capacità progettuali e realizzative.

Ciò, in un’ipotesi ottimistica, potrà finalmente portare anche a una
didattica multi-fonte: non basata cioè esclusivamente sul libro di
testo. E’ infatti diffuso, nel caso di didattica a distanza, il
ricorso a svariati documenti multimediali reperibili in Internet.

Per questo è auspicabile che l’attività di supporto alle scuole
promossa ultimamente dal MIUR ottenga gli esiti perseguiti dal
Ministero tramite la possibilità per scuole interessate di“[…]
accedere a strumenti di cooperazione e scambio di buone pratiche,
gemellaggi con istituti scolastici che hanno esperienze avanzate di
didattica digitale, webinar di formazione, contenuti multimediali per
lo studio, piattaforme certificate per la didattica

Sarebbe davvero poco entusiasmante se la didattica a distanza si
realizzasse con una modalità “minimalista” cioè esclusivamnete tramite
indicazioni inviate dai docenti di quali pagine del libro di testo
studiare da soli ed eventualmente con la realizzazione di qualche
video di lezioni frontali a distanza…

Un’ultima considerazione in positivo è relativa agli esiti di una
prassi di didattica a distanza che si diffondesse davvero nelle scuole.
In tale caso, penso che, la continua predisposizione di materiali per
svolgere didattica a distanza potrebbe consentire agli insegnanti di
accumulare via, via una sorta di “storia della propria didattica”.

E  questa “storia” potrebbe permettere di ricostruire a ritroso la trama
dei percorsi didattici realizzati consentendo ulteriori riflessioni
sulle metodologie seguite, gli esiti, ecc. e così alimentando lo
sviluppo della riflessività dei docenti.

*socio AIDR è docente di scuola  secondaria di secondo grado, formatore e pubblicista. Esperto di  innovazione didattica ha tenuto numerosi speech in Università italiane  ed estere. Vari suoi contributi, molti redatti in collaborazione con  Annamaria Poli ricercatrice dell’Università degli studi di Milano  Bicocca, sono stati pubblicati in riviste scientifiche dell’ambito
universitario.

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